L’utilizzo degli psicofarmaci genera un rilevante problema per i noti e dichiarati effetti collaterali che possono generare squilibri a livello organico ma anche compromettere in misura più o meno marcata il funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale in alcune sfere di vita (come quella lavorativa, sportiva, affettiva, sessuale, ecc). A titolo di esempio basta scorrere le avvertenze presenti nelle confezioni di psicofarmaci, quali antidepressivi, ansiolitici, antipsicotici, anticonvulsivanti, per rilevare che tra gli effetti indesiderati più comuni vi sono aumento di peso, insonnia, ipersonnia, aumento di appetito, diminuzione di appetito, nausea, diarrea, problemi di attenzione e concentrazione, disfunzioni sessuali e tanti altri. Oltre a questi effetti collaterali noti e dichiarati, alcuni autori ipotizzano che gli psicofarmaci possono generare squilibri sistemici di meccanismi adattivi con degrado del funzionamento biologico (Andrews et al., 2012). In un recente studio pubblicato sul British Medical Journal (Billioti de Gage et al., 2014) un team di ricercatori ha trovato che l’utilizzo di ansiolitici (benzodiazepine) aumentava il rischio di sviluppare l’Alzheimer, e tale rischio risultava associato alla quantità di benzodiazepine assunte. In alcuni casi sono stati documentati effetti psichiatrici collaterali ben più gravi del disturbo su cui il farmaco doveva agire. Nel caso degli ansiolitici, a causa del ben noto effetto di assuefazione e dipendenza, uno dei maggiori rischi è di incorrere in abusi e overdose di benzodiazepine, con esito che può arrivare ad essere letale, come si evince da una ricerca condotta sul consumo di benzodiazepine negli USA dal 1996 al 2013 (Bachhuber et al., 2016). Un ulteriore effetto collaterale di alcuni psicofarmaci, (antidepressivi), è l’innalzamento del rischio di suicidio. Un importante studio ha documentato l’innalzamento dei comportamenti suicidari e dei pensieri suicidari in pazienti adulti con meno di 25 anni trattati con farmaci antidepressivi (Stone et al, 2009). L’aumento di rischio suicidario si è trovato in termini più netti e concordanti soprattutto nel trattamento di bambini e adolescenti (Hammad et 2006; Olfson et al. 2006; Cox et al., 2014; Le Noury et al., 2015; Sharma et al, 2016). In particolare in uno studio commissionato dalla FDA americana, su 4582 bambini e adolescenti trattati con farmaci antidepressivi, si trovò che vi erano comportamenti e pensieri suicidari in misura significativamente maggiore in coloro che erano trattati con antidepressivi (Hammad et al., 2006). A seguito di questa evidenza, la FDA chiese ai produttori di farmaci antidepressivi di inserire il seguente avviso di allerta nelle confezioni dei farmaci antidepressivi: “i farmaci antidepressivi, rispetto al placebo, incrementano il rischi o di pensieri suicidari e comportamenti suicidari in bambini, adolescenti e giovani adulti”. Una recente meta-analisi condotta in Europa su 70 trials clinici per un totale di 10258 pazienti trattati con antidepressivi e 6832 pazienti trattati con placebo, trovarono un rischio suicidario raddoppiato (in termini di tentati suicidi, comportamenti preparatori, ideazione suicidaria e condotte autolesive) nei bambini e adolescenti trattati con antidepressivi (Sharma et al., 2016).
L’aumento del rischio di suicidio è stato spesso interpretato come un effetto paradossale dell’inizio della guarigione prodotta dal farmaco, Tuttavia recenti studi non sembrano sostenere questa interpretazione ed evidenziano un rischio specifico dei farmaci antidepressivi, in tutte le fasce d’età. In particolare un imponente meta-analisi su 130 studi clinici effettuati negli ultimi 50 anni, ha trovato che gli adulti sani che si sottoponevano volontariamente a trattamenti con antidepressivi, evidenziano un rischio raddoppiato di suicido e comportamenti violenti (Bielefeldt et al., 2016).
In linea generale, gli effetti collaterali negativi degli psicofarmaci sono noti, e da sempre oggetto di attenzione, tanto che per qualsiasi farmaco si prende in considerazione non tanto i benefici, ma piuttosto il profilo costi/benefici, dando dunque per scontato che il raggiungimento dei benefici non può essere fatto senza incorrere in effetti negativi.